Spesso, molto spesso, mi trovo a pensare a quante volte sono caduta e, come i bambini piccoli, mi sono rialzata e un po' acciaccata, ho ripreso a camminare. A quante volte ho sbagliato strada, e inveendo contro me stessa, ne ho provata un'altra. Ogni ruota del giorno portava un qualcosa da dimenticare e un qualcosa di bellissimo da ricordare, ma ambedue ugualmente plasmatori di esistenza: come un vaso, che ha bisogno della ceramica per avere una forma, e del vuoto che gli permette di formarsi attorno a sé. Oggi mi pare di vedere come non si trattasse di qualcosa di utile e di qualcosa di disutile, ma di una contrapposizione che permette, in chi la vive, di definire con le sue scelte la propria "composizione". Ma ogni pennellata era necessaria, perché la nostra materia disordinata cercasse un ordine, essenza stessa della Luce. Non la rimozione di una cosa a favore dell'altra ma un puzzle modellato con tutte le tessere, nessuna esclusa, perché tutte divine. Ma ognuna al suo posto.